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KTM interromperà di nuovo la produzione

  • Immagine del redattore: Marco Gualdani
    Marco Gualdani
  • 24 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

Lunedì nuovo stop alle linee per mancanza di componentistica. Il Gruppo austriaco è ancora in difficoltà

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La delicata situazione economica del Gruppo KTM non trova ancora un equilibrio risolutivo. Dopo aver fatto ripartire una delle quattro linee di produzione il 17 marzo, la fabbrica di Mattighofen sarà costretta a un ulteriore stop a partire da lunedì 28 aprile. Il motivo è nella mancanza di componentistica e nei tempi di consegna del nuovo materiale. I fornitori, con cui KTM si era accordata per il 30% del debito accumulato (1,8 miliardi di euro), richiedono pagamento anticipato e prospettano tempi di consegna di diversi mesi. Il saldo del debito di KTM verso i fornitori è previsto entro il 23 maggio 2025 e garantito da una serie di iniezioni di capitale: da una parte quella di Bajaj di 150 milioni di euro più una corposa parte di 600 milioni di euro in arrivo da nuovi investitori che, a quanto pare, non arriveranno più.


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Senza componentistica e senza poter rispettare l'accordo con i fornitori non c'è altra scelta di fermare nuovamente la produzione. L'obiettivo per l'anno fiscale 2025 era quello di costruire 230.000 moto; a quanto pare siamo a 4.200, realizzate con le parti disponibili in magazzino, vista l'impossibilità di approvvigionamento. Nel frattempo, il Gruppo ha restituito il marchio MV Agusta alla famiglia Sardarov e dichiarato di interrompere la distribuzione di CF Moto in Europa dal 31 maggio.


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I dipendenti sono stati informati della situazione attraverso un video messaggio e sono parzialmente al sicuro fino a fine luglio, quando scadrà l'accordo fatto tra sindacati e azienda che prevede una riduzione di orario di lavoro (30 ore settimanali) e di compenso, a fronte di uno stop ai licenziamenti. La fine di luglio potrebbe essere una nuova data per capire se KTM sarà in grado di far ripartire la produzione a fronte di una iniezione di capitale concreta e immediata o sarà costretta ad arrendersi al fallimento definitivo. A giocare un ruolo fondamentale adesso sono le banche austriache che già avevano fortemente caldeggiato (e ottenuto) le dimissioni di Stefan Pierer e che ora si trovano nuovamente a fare i conti con un debito importante e tantissimi posti di lavoro (e la reputazione) da salvare.




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