"Viva Montesa!" La storia delle moto spagnole
- Mario Schepis

- 20 gen
- Tempo di lettura: 6 min
Dalla genesi di Pedro Permanyer all'attuale proprietà di Honda, ecco il racconto di uno dei marchi che ha fatto la storia del trial e non solo

“Viva Montesa!”. Era questa la scritta inneggiante alla celebre marca spagnola che molti piloti un tempo mostravano sulle maglie da gara, un vistoso e immediato segnale identificativo per un marchio che è stato, e continua a essere, protagonista sui campi di gara di tutto il mondo. E proprio perché oggi la Montesa riversa tutte le sue energie all’estrema disciplina del trial, che un tempo con le sue moderne “due tempi” contribuì a propagandare in maniera significativa, è bene ricordare che in un passato neanche troppo lontano la Casa spagnola si distingueva anche per i numerosi e performanti modelli che dedicava alle competizioni di motocross ed enduro, realizzazioni che hanno in buona parte determinato il suo successo commerciale.

DAL GAS ALLE MOTO
Tutto ha inizio nel 1944 a Barcellona, in via Corcega per essere precisi. Pedro Permanyer Puigjaner, classe 1911, è un industriale trentatreenne che già da qualche anno gestisce una fabbrica per la produzione di gasogeni. Sono apparecchiature in grado di ricavare combustibile gassoso da una massa solida, all’epoca utilizzate nel settore dei trasporti e in quello della produzione di energia elettrica data la mancanza di classici carburanti; un business di notevole successo dal breve corso però che si esaurisce alla fine della guerra. Permanyer deve quindi orientarsi su un nuovo mercato e sceglie quello delle due ruote, un settore in forte espansione per la crescente richiesta da parte della popolazione di economici mezzi di trasporto.

IL NOME MONTESA
È in questo periodo che Permanyer stringe amicizia con Francisco Bultò, già esperto pilota e futuro fondatore della Bultaco e con lui mette a punto un primo modello che viene presentato alla Fiera di Barcellona del 1945, stesso anno in cui fonda la sua nuova società di cui anche Bultò è parte denominandola Montesa.
Il nome deriva da quello di un antico ordine monastico militare originario del Regno d’Aragona. La Montesa comincia così il suo percorso commerciale con una piccola produzione in serie, dedicandosi da subito anche alle prime competizioni, attività questa particolarmente cara a Francisco Bultò. Esordisce in pista dapprima al Montjuic ripetendosi poi ad Assen; le moto spagnole iniziano a cimentarsi in gare stradali dove riscuotono ottimi risultati finché, complice il programma governativo spagnolo che nel 1958 impone notevoli ristrettezze, Permanyer decide di sospendere l’attività sportiva e di riversare tutte le risorse disponibili nella produzione di serie.
IL RITORNO ALLE GARE
Francisco Bultò a questo punto, per niente d’accordo con quella decisione, lascia l’azienda portandosi dietro un buon numero di dipendenti e comincia a mettere le fondamenta per la sua Bultaco. Ma Montesa va comunque avanti e soltanto due anni dopo, nel 1960, riprende a gareggiare. Lo fa con Pere Pi, un pilota spagnolo che porta all’esordio il prototipo Brio 110, una stradale alla meglio modificata, nelle competizioni di motocross vincendo poi nel 1961 il Campionato Spagnolo nelle classi 125 e 250.

L'AFRICA DA SUD A NORD
Nel medesimo anno la sede produttiva viene spostata nell’ampio stabilimento di Esplugues e lo stesso Permanyer dà il via ad un “operazione” promozionale a dir poco sorprendente, almeno per quei tempi. La Montesa ha appena messo in commercio la Impala 175 e per promozionare al meglio questo nuovo modello Permanyer si ingegna inventandosi un viaggio in Africa, che la attraversi da sud a nord, da Città del Capo a Tunisi, capace di mettere in risalto le doti di robustezza e versatilità della sua nuova creatura. Della Impala nasce presto una versione cross nelle cilindrate 175 e 250 cc che Pi porta ancora alla vittoria nel cross, mentre il conterraneo Lopez de la Torre si afferma nel Campionato Spagnolo di Regolarità. La Montesa Impala porta indiscutibile notorietà alla Casa spagnola anche in altre nazioni europee e negli USA dove, assumendo l’ulteriore definizione di scrambler, inizia ad essere apprezzata soprattutto nelle corse che si svolgono nel deserto americano.

"VIVA MONTESA"
A importarla oltreoceano è Kim Kimball, un americano con le idee ben chiare ed una grande passione per il cinema, ma soprattutto colui che verrà definito come Mister “Viva Montesa” per il fatto di aver creato quel celebre slogan che si diffonderà poi in ogni parte del mondo. Il 1964 è l’anno in cui la moto spagnola esordisce nel trial ed è ancora Pere Pi (sempre lui!) a portare a Grenoble un primo modello da cross adattato alla disciplina. Poi ha inizio la vera produzione specialistica per il fuoristrada. La Impala Cross viene sostituita dalla Cappra 250 nel 1966 mentre nell’anno seguente ha inizio la produzione in serie di un primo modello da trial da 250 cc che viene denominato Cota. Nel 1968 la Cappra incrementa la sua cilindrata fino a 360 cc, la Cota conquista il Campionato Nazionale di trial e sempre dal trial arriva la prima prestigiosa affermazione internazionale con Don Smith che si impone nel Campionato Europeo della specialità.

LA SPINTA DEL TRIAL
Permanyer pensa allora che sia il caso di fare sul serio, le sue moto da fuoristrada piacciono e vincono ed è quindi giusto dedicare loro maggiore attenzione, anzi tutta l’attenzione possibile; così abbandona la produzione stradale e si dedica interamente a queste. La fine degli anni sessanta vede le moto spagnole in gara sia sulle piste di cross sia di trial, ma è da quest’ultima disciplina che arrivano i maggiori successi. Dopo essere stata nel 1969 campione di Belgio e Francia nel motocross, la Montesa si afferma nel Campionato Finlandese di trial con Yrjo Vesterinen, poi in quello britannico con Gordon Farley, ed in seguito vince ancora i Campionati di Svezia, con Sellman, di Belgio, con Lejeune, e di Germania, con Krahnstover. Il trial diviene presto parte fondamentale dell’attività della Montesa, una piccola Cota da 25 cc viene approntata per i giovanissimi e sempre per dar modo alle nuove leve di apprendere la disciplina la casa spagnola lancia un Trofeo Montesa dedicato agli esordienti, da correre in sella alla nuova Cota 125. L’attenzione che la Montesa mostra verso i più giovani si manifesterà ancora in seguito con l’apertura di una vera e propria scuola di trial nella quale, tra altri, anche Jordi Tarres apprenderà i primi rudimenti dell’estrema disciplina.
IL CINEMA
Ma a promozionare adeguatamente i mezzi spagnoli pensa anche Kim Kimball e pensa in grande. Dapprima regala a Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla luna, una Montesa che questi trova nel suo giardino di casa al ritorno dalla fantastica impresa spaziale, poi in più di un’occasione porta la Montesa sul grande schermo. Nel 1972 è una King Scorpion guidata da Michael Douglas a sfrecciare per le strade nel corso del film “Napoleon e Samantha”, poi due anni dopo è la volta di James Caan che veste i panni del poliziotto Freebie in una “Strana Coppia di Sbirri”. In sella ad una Cota 247 Caan (o la sua controfigura…) ne fa di tutti i colori nel corso di un inseguimento, scavalcando già in partenza con perfetta tecnica trialista una colonna di auto bloccate da un ingorgo stradale.

IL MOTOCROSS E L'ENDURO
La seconda metà degli anni settanta vede le Montesa battagliare su più fronti. Hakan Andersson nel 1976 vince la classifica individuale nell’annuale Motocross delle Nazioni e nel 1977 Carlos Mas si afferma nella classe 360 del Campionato Spagnolo di enduro, mentre in Italia, in sequenza, Franco Perfini tra i senior, e Dal Brun, Magarotto e Pasquarella tra gli junior conquistano in sella alla Cappra 250 il Campionato Italiano di motocross. Nel trial è invece Fulvio Adamoli a portare nel 1978 la Cota sul gradino più alto del podio. Adamoli in quegli anni di Montesa è anche distributore e a lui va dato il merito di aver contribuito alla diffusione del trial nella nostra nazione. In accordo con Montesa, infatti, promoziona la disciplina lungo tutta la penisola prestandosi ad apposite dimostrazioni, con il supporto di moto club e concessionari locali.

L'ACQUISTO DI HONDA
Nel 1980 arriva poi il prestigioso titolo nel Mondiale di trial con Ulf Karlsson che porta alla vittoria il prototipo della nuova Cota 349. Ma oltre al tanto atteso successo sportivo quello stesso anno mostra già i primi problemi di ordine commerciale. Le moto giapponesi guadagnano inesorabilmente quote di mercato e per la Montesa, come per tante altre marche europee, sembra non esserci via di scampo. Le connazionali Ossa e Bultaco si vedono costrette a cessare la loro produzione, mentre Montesa resiste ancora un po’, fino al 1982, l’anno in cui Pedro Permanyer, piuttosto che veder scomparire il suo marchio, decide di chiudere un accordo con la Honda. Permayer cede l’azienda ai giapponesi a patto che il nome Montesa continui ad apparire sui futuri modelli dedicati al trial e così ancora oggi, dove il marchio spagnolo prosegue imperterrito la sua antica tradizione. Con il piota Tony Bou, Montesa ha già conquistato 34 titoli iridati. E non è finita...















